Libro XXI, vv. 212 - 228
Possente foco nella sala, e appresso
Vi poni seggio che una pelle cuopra.
Poi di bianco e indurato adipe reca
Grande, ritonda massa, acciocché s'unga
Per noi l'arco e si scaldi, ed in tal guisa
Questo certame si conduca a fine".
Melanzio accese un instancabil foco,
E con pelle di sopra un seggio pose.
Poi di bianco e indurato adipe massa
Grande e tonda recò. L'arco unto e caldo
Piegar tentaro i giovani. Che valse,
Se lor non rispondean le braccia imbelli?
Ma dalla prova s'astenean finora
Eurìmaco ed Antinoo, che de' proci
Eran di grado e di valore i primi. [...]
[Qui il testo completo del Libro XXI.]
Poi di bianco e indurato adipe massa
Grande e tonda recò. L'arco unto e caldo
Piegar tentaro i giovani. Che valse,
Se lor non rispondean le braccia imbelli?
Ma dalla prova s'astenean finora
Eurìmaco ed Antinoo, che de' proci
Eran di grado e di valore i primi. [...]
[Qui il testo completo del Libro XXI.]
Commento:
Il libro XXI dell’Odissea si apre sullo strumento che porterà la morte ai pretendenti di Penelope, l’arma della vendetta di Ulisse: il suo arco, che i proci invano provano a tendere.
Allora Antinoo, uno di loro, ordina a Melanzio, un'altro dei pretendenti, di accendere un grande fuoco nella sala e di portare del grasso per ungere e, poi, scaldare l'arco, in modo da renderlo più flessibile. Inutilmente, però, i giovani cercano di avere la meglio sull'arma, che non riescono a piegare.